La solitudine

La costruzione dell’eremo della Solitudine è dovuta agli alcantarini. Esso fu costruito nei pressi di una cappella dedicata a S. Michele Arcangelo, edificata laddove si era verificato un fatto miracoloso: in quel luogo sgorgava dell’acqua che, un giorno, fu bevuta da una donna indemoniata, venendo immediatamente liberata da quella presenza negativa. E’ per questa ragione che la cappella fu intitolata a S. Michele Arcangelo, trionfatore sul demonio. Sul viale d’accesso, subito dopo il conventino, vi è la cappella che ricorda il miracolo del “sasso”. Qui San Giovan Giuseppe della Croce era in preghiera, quando si staccò un enorme masso dal pendio roccioso e fu salvato da una forza soprannaturale; sulla roccia, che restò come sospesa, fu costruita una cappella che conserva al suo interno un originale dipinto su ardesia a ricordo dell’accaduto. Altre cappelle sono sparse nel bosco, tutte facilmente raggiungibili a piedi attraverso sentieri. Prima di avviare i lavori di costruzione dell’eremo, i frati non sapevano che quel luogo era denominato Monte Muto. Dopo averne avuto conoscenza, dovettero sentire che si trattava di un segno divino averlo scelto come posto dove praticare il silenzio. Fu allora costruito un piccolo convento con una piccola chiesa dedicata a S. Maria degli Angeli che fu consacrata dal vescovo di Alife, Giuseppe Lazzara, il 2 agosto 1679. Un ruolo fondamentale per la costruzione lo ebbero il ministro provinciale alcantarino, padre Giovanni di santa Maria, e il cardinale protettore Francesco Barberini, oltre allo stesso san Giovan Giuseppe della Croce. Il modello dell’eremo fu il ritiro del Pedroso che san Pietro d’Alcantara edificò nell’Estremadura in Spagna. All’interno della chiesa si conservano dei manufatti lignei databili alla prima metà del Settecento, eseguiti probabilmente da artigiani locali; le fonti storiche riportano la notizia che le sculture in ceroplastica contenenti le reliquie di San Petronio e di San Vincenzo furono donate dal sovrano Carlo III agli alcantarini. Ciò sembra confermato dal livello stilistico elevato, caratterizzato dall’accuratezza nella resa formale e delle espressioni languide dei volti. A sinistra sull’altare è visibile la Madonna della Purità, copia dell’originale che si trova in una cappella del noviziato. Il culto e l’iconografia della Madonna della Purità derivano dalla chiesa di san Paolo Maggiore a Napoli, dove si conserva il prototipo del pittore manierista spagnolo Luis de Morales. Da lì si irradiò, poi, in tutto il Regno, a partire dalla fine del XVI sec. Lo storico D. Marrocco riferisce come autore del tondo un certo Nicola de Fario, datandolo al 1762. Da ricerche effettuate non risulta alcuna notizia che riporti l’esistenza di tale artista. E’ attestata la presenza a Napoli di un pittore Nicola de Fazio “regolatore” anche di presepi, ma anche in questo caso non esiste documentazione che permetta il confronto e il relativo accertamento che si tratti della stessa persona.